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donne in panchina

donne in panchina
“in panchina” significa una cosa precisa: rimanere in panchina, nel linguaggio sportivo e poi comune, è detto dei giocatori e delle giocatrici di riserva che restano a disposizione - indica in qualche modo un partecipare al gioco “di rimessa”, un intervenire se proprio tutto il resto così com’è non funziona, forzando la mano, quasi un’ultima speranza - è comunque un esserci, ma lontano dallo sfavillio delle luci, dall’entusiasmo iniziale, dal successo immediato -
attesa e possibilità di intervenire, il più delle volte rimediando, dando fiato, aggiustando - oppure concessione, spazio quando i giochi sono già fatti e non modificabili (per esempio un giocatore o una giocatrice giovane cui viene data occasione di sperimentarsi quando non è possibile fare danni perché la vittoria della squadra è certa) -
facciamo provocatoriamente nostra questa lettura e questa condizione, non solo noi donne rivendichiamo il nostro posto in panchina, ma, di fronte al disastro ed ai disastri di una cultura maschile che ignora il valore di partire da sé e della ricchezza delle relazioni, siamo consapevoli di essere la sola “riserva” possibile, la sola occasione di portare parole nuove e nuovi contenuti che appartengono alla cultura delle donne, ma possono diventare patrimonio di tutte e tutti, nella speranza, sola, altre non si profilano all’orizzonte, di poter immaginare e forse dare vita ad un mondo possibile, diverso, a misura di persona -
siamo consapevoli, insomma, di rappresentare la sola possibilità di cambiare profondamente e radicalmente le regole del gioco -
panchina è luogo di pausa, sospensione, tranquillità, riposo, incontro con persone che, come noi, si fermano per un tempo più o meno lungo - è possibile parlare o stare zitte/i, incontrarsi ancora o non vedersi più -
panchina è una piccola vacanza, la possibilità di guardare il mondo senza necessariamente intervenire o intervenendo dopo aver guardato -
solitamente è un elemento di arredo urbano, che può accogliere più persone, in genere si trova all’aperto, per strada, nelle piazze, nei parchi, ma può trovare posto anche in spazi privati -
può essere di metallo, legno, pietra o altri materiali -
il nostro progetto al femminile nasce dall’incontro con cinzia del giudice, amica e consigliera della quinta municipalità arenella vomero, e dalla sua proposta, accolta da noi con gioia, di intervenire “a misura di donna” su alcune panchine del quartiere -
dopo momenti di riflessione, discussione e scambio di idee, abbiamo deciso di procedere in questo modo:
- partire da parole di donna, individuando parole che connotino la cultura delle donne e della differenza (abbiamo pensato a cura, accoglienza, sostegno, accudimento, bellezza, gradevolezza, utilizzo diverso delle cose che abbiamo, gentilezza, ma ce ne sono tante altre)
- tradurre le parole ed i significati in “oggetti” tangibili e quindi in interventi sulle nostre panchine (abbiamo pensato a braccioli, poggiapiedi, poggiatesta, poggiaborse, portapiante, luci, casse per l’ascolto di musica, colori, fotografie, ma ce ne sono tanti altri)
- pensare ad una possibile “legenda” che argomenti a chi abbia voglia di soffermarsi, da inserire nell’intervento o all’esterno della panchina
è un progetto che abbiamo amato e che ha portato molte cose belle, soprattutto legami nuovi e nuova ricchezza in quelli che già esistevano, come solo le donne sanno -

 

“donne in panchina”

maria cristina antonini, mary baldassarre, veronica bisesti, cinzia del giudice, antonella de stefano, nina jonsson qi, lucia esposito tammaro, carmen menna, ilaria moscato, federica orlandino, ilaria sagaria , giusy santonicola

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benched women

“benched” has a specific meaning: in the sport lingo and also commonly, being benched is referred to players who are extra and are available – it somehow indicates a “throw in” way of participating in the game, an intervention necessary only if things as they are don’t work, forcing the hand, almost a last hope – it’s still being there, but far from the sparkling of the lights, from the initial thrill, the immediate success –

 wait and possible intervention, in most cases to solve, to give a breath, to fix – or concession, space given when the fame is already on and nothing can be changed (for example a player who is given a chance only because it’s impossible to do any damage since the team goes for a certain win) –

we provocatively make this interpretation and condition ours, as women not only we claim our spot on the bench , but in front of the disasters of a male chauvinistic culture that disregards the value of starting from oneself and what treasure connections are, we’re aware we’re the only “reserve” there is, the only chance to bring new words and new content that belong to women’s culture but can become of everyone, in the only hope of being able to imagine of  building a possible different world, people oriented –

therefore, we’re aware we represent the only chance to deeply and radically change the rules of the game –

bench is a place made to pause, a place of suspension, quiet, rest, where is possible to meet people who are stopping by like us, for a moment or longer – where is possible to talk or not say anything at all, meet again or never see each other again –

bench is a small getaway, the chance to watch the world without necessarily having to interact or to interact after having watched –

it’s usually a piece of street furniture that can welcome more people, generally situated outside, in the streets, in squares, parks, but it can also be found more private spaces – it can be metal, wood, stone or all kinds of materials –

our project sees the light from the meeting with cinzia del giudice, friend and council member of the fifth district of arenella vomero, and from her proposal of an intervention “women-oriented” on some benches in the area, which was welcomed by us with great joy –

after a few moments of reflection, conversation and exchange of ideas we decided to proceed this way:

- words by women as a starting point, identifying words that characterise women’s culture and diversity (we thought about care, support, shelter, beauty, kindness, different use of what we have, softness, but there’s much more)

- translate words and meaning in tangible “objects” and therefore in interventions on our benches (we thought about armrests, footrests, lights, speakers, colours, photographs, but there’s much more)

- have a possible “key” to insert in the intervention or on the outside of the bench so that whoever wants to linger around is guided

it’s a project we loved and brought many beautiful things, above all it brought new connections and bonds and a new depth in the ones already existing, as only women can know -

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